Intervista all'autore #1 Sebastiano B. Brocchi



Cari lettori,
oggi, ospite di TRAMEstio interiore, uno scrittore, un artista, ma soprattutto un amico.
Stiamo parlando di Sebastiano B. Brocchi:








è stato definito "un giovane dall'anima antica" (Mutamenti), "talento precocissimo e straordinario dell'esoterismo" (Hera) e "la nuova promessa delle lettere ticinesi" (Extra).
Sebastiano B. Brocchi, originario di Montagnola (Svizzera) e oggi residente in Francia, è nato il 18 marzo del 1987 da Mauro e Grazia.
In terza liceo lascia gli studi per diventare scrittore e ricercatore autodidatta nel campo della storia dell'arte, della filosofia ermetica, della simbologia sacra e dell'alchimia interiore.
Nel 2004 ha pubblicato la sua prima opera, il breve trattato Collina d'Oro - I Tesori dell'Arte.
Negli anni successivi hanno visto la luce Collina d'Oro Segreta (2005), libro che ha suscitato scalpore nella cronaca ticinese, e Riflessioni sulla Grande Opera (2006), che è stato definito un testo magistrale di alchimia;
è invece del 2009 il saggio, dedicato all'interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali, Favole Ermetiche.
La prima opera di narrativa è l'avvincente giallo esoterico L'Oro di Polia (Kimerik) pubblicato nel 2011, che racconta della ricerca di un inestimabile tesoro del Rinascimento legato a Lucrezia Borgia.
Nel 2012 esce il primo volume della saga dei Pirin, intitolato Le memorie di Helewen (Kimerik), un libro che oltre a segnare l'esordio dell'autore nel genere fantasy, proponendo un connubio tra testo e decine di illustrazioni a colori e in bianco e nero realizzate dall'autore, insomma, un mondo immaginario studiato nei minimi particolari: un continente, la terra di Gaimat, quattordici fiorenti civilità (tra cui, appunto, i Pirin, popolo di semidei nati dall'unione di un uomo e una fata), una profusione di oggetti magici, luoghi incantati, in un originalissimo intreccio di storie fiabesche ispirate alla mitologia antica e al folklore medievale.
Dal 2008 Sebastiano è anche autore di una rubrica di esoterismo sul portale culturale www.riflessioni.it, intitolata Riflessioni sulla Simbologia, nella quale vengono affrontati i temi dell'immagine allegorica, dell'iconografia sacra, dello studio delle metafore e degli archetipi nelle diverse culture religiose, correnti filosofiche, confraternite iniziatiche ed espressioni artistico-letterarie.
Sempre nel 2008 scrive sul blog Veritas e, dal 2009 al 2010, ha collaborato con la rivista mensile Buongiorno Ticino, per la quale ha curato la rubrica filosofica I punti di domanda e la rubrica Misteri, Miti e Leggende.
Sempre nel 2010 collabora con la rivista Noi Giovani, interessandosi alla rubrica Noi saggi,
e nel 2011 comincia una cooperazione con il portale Ticino Mixed scrivendo sul mensile Runa Bianca e  occupandosi delle rubriche Le sorgenti del mito Luoghi simbolici della rivista Oltreconfine. 
Inoltre dal 2012 scrive sul trimestrale Four Ticino.
Come artista ha sperimentato diverse tecniche, dal disegno a matita alla fotoelaborazione digitale, dalla tecnica dell'acquerello a quella dell'acrilico, senza contare la passione per il design che l'ha portato a creare il marchio automobilistico virtuale Akenaton Motors, fondato nel 2008, e a collaborare con sua madre Grazia in diverse realizzazioni grafiche  raccolte, a partire dal 2010, sotto il logo G.Vierge.





Sebastiano, grande Amico mio, nonché compagno di banco dei tempi passati, benvenuto nel mio blog, ti andrebbe di farti conoscere ai lettori di TRAMEstio interiore raccontando qualcosa di te?


Non sono molto bravo a parlare di me, ma per non sembrarvi scortese, farò un tentativo… Sono una persona abbastanza introversa e la mia vita sociale è ridotta allo stretto indispensabile: non significa che io non sia socievole, ma per intenderci non sono il tipo festaiolo e mondano; al contrario, preferisco il raccoglimento di casa mia, la quiete di una passeggiata al parco, o un incontro con pochi amici per chiacchierare, scherzare e condividere riflessioni. Non pratico alcun tipo di sport (colpa della mia pigrizia), considero la matematica una sorta di mondo parallelo al mio, e non posso definirmi un poliglotta: parlo italiano, un francese di livello medio, mentre ho dimenticato gran parte dell’inglese scolastico… In compenso, mi considero una persona decisamente eclettica, che ama spaziare in diversi campi intellettuali. Oltre alla scrittura, adoro l’arte e in particolare il disegno, la storia, la filosofia (quella antica… anche perché non sono sicuro di aver ben capito cosa sia la filosofia moderna), la mitologia e i testi sacri, ma mi diletto anche con la grafica (nel 2011 ho anche vinto un concorso per un cartellone ispirato al tema della montagna) e, quando capita, con il design automobilistico (tanto che in internet ho dato vita ad un marchio automobilistico virtuale chiamato Akenaton Motors). Ho sempre amato la natura, tanto che da bambino e ragazzino credevo che sarei diventato ornitologo o etologo (ma poi si sa, le strade della vita…). Mi piace cucinare, ma senza seguire ricette. Apprezzo il cinema, soprattutto fantasy e fantascientifico, e le commedie in tv. Quando scrivo, spesso ascolto la musica con le cuffie. Ho una particolare predilezione per i brani melodiosi, romantici, il pop, il country, le colonne sonore epiche, talvolta la musica classica… Come lettore, in genere sono più orientato sulla saggistica, o la letteratura dell’antichità (in particolare per quanto riguarda la conoscenza del patrimonio mitologico dei diversi popoli), mentre ho poco tempo da dedicare ai romanzi contemporanei; perciò, quando mi chiedono: “Ti sei ispirato a questo o quell’autore?”, spesso si tratta di nomi che non mi dicono niente. Tra gli scrittori recenti ho comunque un autore preferito: Michael Ende, l’autore de “La Storia Infinita”. Quel libro è un vero pozzo di saggezza. Ho molto apprezzato anche alcuni romanzi storici di Valerio Massimo Manfredi, come la bellissima trilogia di “Alexandors”, “Chimaira” o “Lo scudo di Talos”. Penso anche di essere una persona simpatica e incline all’umorismo, oltre che un amico affidabile e disponibile ad ascoltare gli altri.



La tua prima opera pubblicata è stata Collina d’Oro – I Tesori dell’Arte, dove parli di arte e natura in perfetto equilibrio, un legame profondo che getta le basi per lo studio dell’Alchimia a te molto caro; ricordi le lunghe ore passate, con pazienza da maestro, a spiegarmi concetti ermetici, con tanto di ampolle, draghi che si mordono la coda, pianeti ed elementi chimici?


Ricordo molto bene e mi fa piacere che tu abbia rievocato questi bei momenti vissuti insieme, dedicandoci allo studio della via chiamata dagli antichi Ars Regia, cioè Arte dei Re… In realtà ne “I Tesori dell’Arte” non parlo ancora di Alchimia, che sarà un argomento sviluppato soprattutto nei miei libri successivi, ma come hai giustamente constatato, l’amore per l’arte e la natura (che nella mia terra natia trovano un ottimo connubio) contengono “in nuce” lo stimolo ad approfondire il percorso alchemico. L’Alchimia infatti trae spunto dalla natura, che è la vera guida di ogni filosofo, e nell’arte cela i suoi insegnamenti sotto forma di simboli… Tornando a “I Tesori dell’Arte”, è un breve trattato che ho scritto nel 2004, all’età di diciassette anni, in cui esploro i principali elementi storici e artistici del mio paese. Se è vero che ogni viaggio inizia uscendo dalla soglia di casa propria, possiamo dire che anche il mio viaggio nel mondo della scrittura è iniziato con due libri dedicati al luogo in cui sono cresciuto. La Collina d’Oro (a cui ho dedicato anche il mio secondo libro, “Collina d’Oro Segreta”, 2005) è un luogo molto suggestivo, dal paesaggio incantevole e dalla storia ricca di personaggi singolari. Ad esempio, è stata la patria d’elezione del Premio Nobel Hermann Hesse. A mio modo, spero di aver dato un modesto contributo al tentativo di far conoscere meglio alcune peculiarità del territorio. Senza dimenticare i suoi misteri… in “Collina d’Oro Segreta”, ho affrontato i risvolti più oscuri e sconosciuti del passato di questi luoghi. Per esempio, constatando che la posizione delle chiese rispecchia in terra la costellazione del Leone, e che in quasi tutti questi edifici sacri si trovano numerose simbologie legate a Massoneria e Alchimia…



A proposito di Alchimia, hai scritto altri trattati ermetici, uno dei quali, Riflessioni sulla Grande Opera, è stato definito dagli esperti un testo magistrale di Alchimia, ci spieghi cosa racchiude?


Con “Riflessioni sulla Grande Opera”, ho cercato di rendere più accessibile ai lettori di oggi, una verità molto importante che riguarda lo studio degli antichi Alchimisti. L’Alchimia non era una chimica rudimentale animata dal desiderio di trasformare i metalli in oro o di ottenere l’elisir di lunga vita… era, invece, un sentiero filosofico che tentava di far recuperare all’uomo la consapevolezza della propria divinità interiore. Il “metallo grezzo” e l’“oro”, indicavano, rispettivamente, l’individuo ancora in balia delle proprie paure e passioni più distruttive, e l’individuo trasformato, che ha ottenuto saggezza e pace interiore. Tuttavia, l’Alchimia si esprimeva con un linguaggio difficilissimo, attraverso simboli complessi, molto distanti dal nostro modo di fruire la cultura. Ecco che con il mio libro ho cercato di avvicinare un po’ di più, per quanto possibile, la complessità dell’Alchimia al suo significato originario, di tipo psicologico e spirituale.



In libreria mi sono soffermata sul tuo saggio sull’interpretazione esoterica delle fiabe tradizionali, Favole Ermetiche, che ha una copertina bellissima; ci confermi, quindi, che le fiabe spesso andrebbero lette anche da adulti, avendo cura di trovare la chiave di lettura adatta?


Personalmente, trovo che in passato i veri Sapienti, coloro che avevano dei messaggi davvero profondi e importanti da trasmettere, li affidavano di preferenza a storie fantasiose dall’aspetto infantile. Ho trovato, nelle fiabe, una saggezza più profonda che in gran parte dei libri cosiddetti “per adulti”. Il problema è che essa non si manifesta ad una prima, superficiale, lettura. È necessario leggere con gli occhi del cuore e di un’intuizione più radicale, che vada oltre il senso letterale delle parole e tenti di riunire i simboli al loro significato profondo.



Allora Walt Disney, Tolkien e i fratelli Grimm, si possono definire alchimisti?


Io definisco “Alchimia”, in senso lato, ogni ricerca consapevole di una trasformazione interiore. Perciò sì, per quanto mi riguarda sono convinto che gran parte dei più celebri favolisti del passato, fossero in realtà degli Iniziati che decisero di “mascherare” il loro insegnamento…



Parliamo un po’ del tuo romanzo che ho appena recensito, come nascono l’idea e l’ispirazione per L’Oro di Polia? Perché hai scelto proprio un giallo come genere per il tuo primo libro di narrativa?


Inizialmente, avevo cominciato ad interessarmi di alcuni simboli rinascimentali, e ad alcuni monumenti che li ritraevano, sparsi in diverse delle più importanti città d’arte italiane. Il mio interesse era quindi di tipo “saggistico”. Pensavo di trarne un articolo o, a dipendenza di quanto materiale fossi riuscito a trovare, un trattato che approfondisse alcuni aspetti di quel particolare periodo storico. Mi incuriosiva, nella fattispecie, il simbolo dell’elefante che regge sulla schiena un obelisco, detto anche elefante obeliscoforo, un emblema tratto dal misterioso incunabolo dal nome impronunciabile di “Hypnerotomachia Poliphili”. È stata mia mamma, alla quale sono davvero grato per gli ottimi consigli e la pazienza con cui ha sempre seguito e partecipato alla nascita dei miei lavori, ad avere la (devo dire assolutamente brillante) intuizione di legare in qualche modo questo libro rinascimentale all’altrettanto enigmatica figura di Lucrezia Borgia. Così, insieme, abbiamo iniziato a cercare dei riscontri, e abbiamo visto aprirsi delle strade intriganti e piene di spunti dal fascino a dir poco “romanzesco”. Perciò, ho pian piano abbandonato l’idea di scrivere un saggio, preferendo far virare i miei sforzi su una strada per me del tutto nuova, quella narrativa. Con il senno di poi, credo che sia stata una buona scelta, perché questo giallo mi ha permesso di sfruttare in modo più emozionale l’ampia portata di questo intrigante mistero storico…



E’ stato difficile trovare l’intreccio giusto per lasciare un po’ di suspense nel lettore?


Non posso dire che sia stato semplice, e di certo costruire un “castello” così complesso ha necessitato un grande lavoro di documentazione e di revisione. Ma sono stato anche aiutato da diverse buone intuizioni e fortunate coincidenze tra diversi elementi storici…



Protagonista assoluta del romanzo è Lucrezia Borgia, la donna più conturbante del Rinascimento, che come tutta la sua famiglia porta addosso un alone di mistero. Fra i tanti periodi storici cosa ti ha convinto ad addentrarti in questo?


Trovo che il Rinascimento, e quello italiano in particolare, sia uno dei periodi storici più interessanti, perché sembra fondere il meglio della civiltà classica greco-romana e del Medioevo cristiano, senza dimenticare la riscoperta dell’Oriente e la passione per l’antico Egitto che dilagò negli ambienti colti del periodo a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento. Questo sorprendente crogiolo di culture diverse, ha portato ad una fusione di conoscenze, idee religiose, stili artistici, che l’hanno reso uno degli scenari intellettuali più fertili della storia (non a caso appartengono al Rinascimento alcuni dei più grandi capolavori dell’umanità). Il Rinascimento fu anche un’epoca di grande fermento per quanto riguarda l’esoterismo: proprio in quegli anni cominciarono ad essere tradotti alcuni dei più importanti testi della tradizione ermetica (come la celebre Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto) e a nascere delle importanti congregazioni di pensatori dediti al recupero e lo studio degli antichi filosofi greci…



Quale parte del romanzo hai scritto con più difficoltà?


Non tanto una parte della storia. La cosa più difficile (ma è stata una sfida con me stesso che ho scelto di impormi) è stata far combaciare gli spostamenti e le vicende private dei protagonisti, con le reali condizioni dei luoghi in un determinato giorno dell’anno. Molte location non le ho mai visitate personalmente, e avendo scelto di ambientare la storia in date precise, ho cercato di documentarmi sui più diversi aspetti. Dal meteo a dettagli apparentemente insignificanti come il menu del giorno di un certo ristorante, l’arredo di una camera d’albergo, ecc. Talvolta, ho dovuto riadattare alcuni percorsi narrativi per farli combaciare con le reali condizioni dei luoghi. Ti faccio un esempio: nell’idea che mi ero fatto, i protagonisti avrebbero dovuto rinvenire un indizio importante nella statua della Madama Lucrezia a Roma. Per puro caso ho poi scoperto che proprio nella data in cui i protagonisti si sarebbero trovati a Roma, la Madama Lucrezia si trovava in restauro, perciò praticamente inavvicinabile! Così ho dovuto riadattare quella sequenza, il che mi ha permesso di giocare una carta inaspettata che ha, almeno a mio giudizio, migliorato il pathos del capitolo e introdotto nuove e utilissime piste da seguire…



I protagonisti de L’Oro di Polia sono frutto della tua fantasia o ti sei ispirato a persone reali?


No, in genere non mi ispiro mai a persone reali. Forse ogni personaggio, com’è inevitabile, rispecchia alcuni aspetti della mia personalità, oppure concretizza certi modi di essere che fanno parte degli stereotipi umani. Ma non ho avuto dei veri e propri modelli di riferimento.



Prossimamente inserirò nel blog la rubrica “Ciak si gira” che si occuperà del confronto tra libri e i film ad essi ispirati, a tal proposito, come vedresti L’Oro di Polia sul grande schermo?


Per me sarebbe un sogno che prende forma. In realtà ogni volta che scrivo, mi metto più nei panni di un regista che di un romanziere: cerco di immaginare la storia come potrei vederla al cinema, tento di visualizzare un film, e solo in seguito provo a descriverlo in forma letteraria. “L’Oro di Polia” poi, penso sia una storia che si adatterebbe molto bene al grande schermo. È un’avvincente ricerca tra le pieghe della storia, le cui location sono alcune delle più belle città d’arte italiane, e per giunta è costellata di colpi di scena che avrebbero un forte impatto visivo…



Come hai fatto a trovare un editore? Il mercato è saturo, è stato difficile farsi pubblicare?


Per un giovane autore, la speranza di vedere i propri libri pubblicati dalle grandi case editrici è abbastanza remota, salvo armarsi di una grande pazienza e forza d’animo. I grandi nomi dell’editoria, infatti, hanno quasi sempre una “cerchia” di autori di riferimento, liste d’attesa pluriennali per prendere in esame dei manoscritti, e una certa inclinazione a tradurre i best seller stranieri piuttosto che puntare sulle nuove proposte di casa propria… Detto questo, se non si vuole aspettare anni nella speranza che qualcuno trovi il tempo di prendere in esame un manoscritto, è talvolta preferibile rivolgersi alla piccola e media editoria; che naturalmente presenta i suoi vantaggi e svantaggi. Gli svantaggi, sostanzialmente, si riassumono nella necessità di contribuire in parte ai costi di stampa acquistando un certo quantitativo di copie (per la verità non così significativo), in una minore presenza nelle librerie, in una maggiore difficoltà di trovare recensioni e sbocchi pubblicitari. Tra i vantaggi, appunto, i tempi di pubblicazione decisamente più brevi, ma anche la possibilità di intervenire in modo più diretto e decisionale sulle varie fasi di editing della propria opera (anche dal punto di vista grafico). Il diffuso pregiudizio secondo cui la piccola e media editoria proponga prodotti di qualità inferiore, è stato più volte smentito dalle recensioni…



So che recentemente hai pubblicato il primo della saga dei Pirin - Le memorie di Helewen, un genere nuovo per te quello fantasy, anche se ricordo i nostri giochi di ruolo a scuola: tra folletti, fate e personaggi del Signore degli Anelli si andava avanti fino a sera.


Sì, esatto, un genere nuovo ma solo in apparenza. In fondo, nelle mie precedenti opere ho sempre posto l’accento sull’antichità, i miti, i simboli e le fiabe, tutti elementi che si ritrovano, trasfigurati e arricchiti di nuova linfa, nel genere fantasy. Credo molto in questo nuovo ciclo di romanzi, che sono, in pratica, la concretizzazione di più di dieci anni di lavoro certosino. Non si è trattato soltanto di inventare una trama: mi sono lanciato in una nuova ed entusiasmante sfida, quella di dare vita ad un mondo immaginario dalle caratteristiche ben delineate nei più diversi aspetti. Lingua, geografia, religione, usi e costumi, araldica, artigianato, insomma, ho cercato di creare un mondo coerente e ramificato, dotato di un ricco retroterra culturale. La saga dei Pirin, che esordisce con “Le memorie di Helewen”, non è un romanzo fantasy “tradizionale”, bensì una sorta di percorso labirintico in un caleidoscopio di racconti fiabeschi, che s’intrecciano tra loro partendo da posizioni e momenti diversi, fino a riunirsi in un filo conduttore comune. Il tutto, condito da numerose riflessioni, esplicite e implicite, sul senso della vita e il percorso di crescita di ogni essere umano. Domenir è un giovane in carrozzina, che viene affidato alle cure del suo padrino quando i genitori intraprendono un viaggio per mare verso terre ignote. Il padrino del ragazzo, Helewen, è uno degli ultimi rappresentanti di una stirpe decaduta, un tempo fiorente: quella dei Pirin, appunto, di cui Helewen è stato sovrano. Un popolo di semidei discendenti di una Fata e di un uomo mortale, il cui regno si trova in una vallata rigogliosa sulle impervie montagne innevate d’oriente. Durante la permanenza di Domenir presso la dimora di Helewen, quest’ultimo comincerà a narrargli le straordinarie vicende tramandate dal suo popolo, e gli eventi della sua vita avventurosa…



In merito alla Saga, quando potremo gustarci il secondo volume? L’hai già messo in cantiere?


È ancora presto per dire quando verrà pubblicato “Hairam regina”, il secondo volume della saga, ma posso anticipare di averne già scritti diversi capitoli. Nella mia mente è già tracciato, almeno a grandi linee, il seguito della vicenda. D’altro canto la fretta è cattiva consigliera, quindi intendo prendermi tutto il tempo per far nascere questo nuovo libro al termine della dovuta gestazione. Le idee hanno bisogno del giusto tempo per germogliare e fiorire. Fortunatamente, almeno per adesso, non mi sono mai imbattuto nel famoso “blocco dello scrittore”. Questa storia mi fa sentire creativo e ispirato. Una notizia che sicuramente i miei lettori apprezzeranno, è che la software house svizzera Stelex Software sta sviluppando, con il mio contributo per quanto riguarda i disegni e i testi, un videogame ambientato nel mondo fantasy dei Pirin. Inutile dire quanto io sia entusiasta di questo progetto, che conferirà alla saga un più ampio spessore facendo “prendere vita”, almeno sullo schermo, a luoghi, personaggi e creature in precedenza confinati alle pagine scritte…




Grazie mille per aver dedicato un po’ del tuo tempo per questa intervista, ti faccio un grosso in bocca al lupo per i numerosi successi, letterari e non, che arriveranno presto.
                                                                                                                        Ciao Seba.



Grazie a te, Amica mia, di queste interessanti domande che mi hanno permesso di far conoscere almeno in parte il mio lavoro ai lettori di “TRAMEstio interiore”.


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