IL LERCIO (Irvine Welsh)

                                              




 Titolo:Il lercio (titolo originale: Filth)
 Autore:Irvine Welsh
 Editore: TEA
 Pagine:381
 Prezzo:8,40










«Stamattina mi sono svegliato. Mi sono svegliato già dentro il lavoro. Il lavoro. Ti ha in pugno. È tutto intorno a te, come una gelatina permanente che ti circonda, ti assorbe. E quando ci sei dentro, guardi la vita attraverso una lente deformante.» Comincia così Il lercio, con l'indimenticabile voce del protagonista, Bruce «Robbo» Robertson, sergente della polizia di Edimburgo. Quarant'anni, fisico su cui è meglio sorvolare - colpito, oltretutto, da un eczema che gli tormenta le parti basse - appetito divorante, di cibo e di sesso, passione per la musica dura, la birra e la coca, quel tanto che basta per sentirsi al massimo. Nei bassifondi più bassi e più fondi della città lui è il più in gamba di tutti: imbroglia, traffica, tradisce, ruba, umilia, picchia, sfrutta, e qualche volta gli capita anche di indagare, come in questo caso sulla morte del figlio dell'ambasciatore del Ghana…



Consiglio di evitare come la peste questo libro se siete deboli di stomaco.
Perché di stomaco ce ne vuole eccome per leggere Welsh, ma ci vuole uno stomaco ancora più duro per leggere Il lercio.
Il protagonista è un antieroe per eccellenza: sporco, spregevole, cattivo e squallido; per il quale però ci si ritroverà a parteggiare. 
È impossibile, infatti, non affezionarsi a Robbo che con  la sua umanità autentica, tocca e fa riflettere sulla propria esistenza.
Sicuramente è un libro politicamente molto scorretto, trasgressivo nel linguaggio e nella forma, a tratti grottesco, osceno al limite della pazzia e condito, poi, da una spietatezza senza confini. L'idea geniale di  Welsh è stata quella di inserire un'altra voce narrante, che prende le distanze dallo squallore umano di Robertson diventando quasi una sorta di coscienza, questa seconda voce appartiene ad una Tenia che vive e cresce all'interno del suo intestino e che spesso, irrompe nelle pagine sovrapponendosi al romanzo vero e proprio.
Il finale è davvero inimmaginabile dimostrando ancora una volta che Welsh può.
Assolutamente poco adatto ai perbenisti, questo libro riesce a stordire a colpi di volgarità e bassezze, che poi, si limitano soltanto a descrivere la misera condizione umana.



“ Mentre esco è ancora lì sul letto che si accarezza il collo smilzo da piccione, rantolando per cercare l'aria.”


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